Il sentiero
“del comico e dell’umorismo”
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“Vivere nel mondo come non fosse il mondo, rispettare la legge e stare tuttavia al di sopra della legge, possedere come se non si possedesse, rinunciare come se non fosse rinuncia: tutte queste esigenze d’un’alta saggezza di vita si possono realizzare unicamente con l’umorismo”.
(Hermann Hesse, Il lupo della steppa)
“Un senso del comico abbastanza vivo da permetterci di vedere le nostre assurdità non meno che quelle degli altri può impedirci di commettere tutti i peccati, o quasi tutti [...]”.
(Samuel Butler, Taccuini)
“Dove non c’è umorismo non c’è umanità; dove non c’è umorismo (questa libertà che ci si prende, questo distacco di fronte a se stessi) c’è il campo di concentramento”.
(Eugène Ionesco, Note e contronote)
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La compagna ideale
-Un racconto di Lucia Visconti-
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I ragazzi la definiscono “la compagna ideale”, gli insegnanti, “che altro ha detto?”.
Piccola di statura, corpo di ballerina, occhi verdi striati di marrone (come ama descriverli), espressione accattivante, mani di bambola con un anello originale — non so dove sia riuscita a pescarlo —, capelli ben tenuti, a volte raccolti da una pinza, ma con un ciuffo ciondolante sulla schiena.
Non potevano darle un nome più adatto: Ilaria.
Dopo una settimana, in prima, a suo agio, disinibita ma educata, avvicinava con naturalezza anche i compagni più ritrosi, timidi, problematici.
Nata per le relazioni sociali, vive il tempo della scuola come un piacevolissimo diritto, per quanto riguarda i rapporti interpersonali; come dovere, da cui non farsi schiacciare, in merito allo studio.
«Non si può mica prendere l’esaurimento nervoso per rincorrere voti alti!», sentenzia con tanto candore da convincerci, almeno sul momento, della sua filosofia.
Durante le interrogazioni non sopporta la difficoltà di “chi è sotto” e tifa in modo molto concreto, suggerendo a destra e manca.
Ovviamente al Consiglio di classe — come ad esempio all’ultimo — anziché discutere in modo immediato di profitto, interesse, partecipazione della suddetta allieva, a me viene in mente la battuta del giorno e non posso celare un sorrisetto.
I colleghi mi scrutano. Si placano antipatie, puntigli, frasi professionali e mi assale un coro di: «Che altro ha detto, che altro ha fatto?».
E via a raccontare: «L’altra mattina mi sono svegliato tardi e sono stato costretto ad uscire senza un goccio di caffè. Verso le 10, il languore allo stomaco accompagnato da sonnolenza mi ha vinto. Ho informato i ragazzi di avere una cosa urgente da sbrigare e con questa scusa sono sceso velocemente al bar. Non si dovrebbe, ma…
Ecco che, mentre ingurgitavo il cappuccino, mi son sentito toccare un braccio. “Buono eh, profe?! Anch’io ho approfittato del momento di pausa per comprare la merenda. A ricreazione c’è una fila! Sembra l’assalto al forno delle grucce. Anche lei l’ha pensata come me?”.
Le guance di fuoco, il sorso di traverso: “Eh sì, effettivamente… ”.
“Bene, ora possiamo tornare al nostro, anzi al suo, amato latino. Non si senta preso in flagrante: ha detto la verità. Aveva davvero una cosa urgente da sbrigare. Cosa c’è di più impellente dello stomaco che brontola?”.
Ho riso con lei, mentre la pressione arteriosa si normalizzava, dopo l’impennata dell’attimo precedente».
«A volte» — ha commentato il Righi — «pare ti prenda in giro, ma si legge dall’espressione genuina del viso che non è così. Parla come farebbe con il padre, il fratello maggiore o lo zio. Il pizzico di malizia, poi, è l’ingrediente indispensabile per scatenare il buon umore.
Qualche giorno fa, tra le varie equazioni, non so come mi sia venuto fuori che mia moglie ed io aspettiamo un bambino. “Come lo chiamerete?” — ha cinguettato lei dal fondo — “Se sono due gemelli, Pinco e Pallino?”.
A stento abbiamo trattenuto una risata “mefistofelica”. Era ovvio l’intervento, dopo ore del mio maledetto intercalare: “Allora per esempio, se qui c’è Pinco, è chiaro che debba uscire Pallino… Mentre Pinco mi chiedeva una spiegazione, Pallino ciarlava senza ritegno”. E via di questo passo».
«A costo di fare il “bastian contrario”» — ha interloquito con la ben riconoscibile voce acida la Bronzi — «la vostra innocente, trasparente farfalla, a me sembra una vera pulce. Appare all’improvviso, lascia il segno e via! Non puoi neanche schiacciarle la testa. Come sapete, è temporaneamente esonerata dalla mia materia, per il gesso al ginocchio. Tra l’altro se stava più attenta, avrebbe evitato l’incidente!».
«Ma se quell’incosciente in motorino, l’ha investita sulle strisce pedonali», mi sono opposto.
«Ad ogni modo, dato che non partecipa alle lezioni, non disturbi. Deve mettere bocca mentre parlo con le sue compagne. Povero chi la prenderà: è peggio di un ascesso al dente, quella piccoletta!».
«Bronzi, ma non capisci il suo disagio? A sedici anni in panchina quando tutti corrono! È proprio contro natura», sono sbottato.
«Excuse me» — è intervenuta con il tipico self-control la lady inglese — «Hillary is very cheerful. Vera Italian girl. Ogi entro in classe, soridendo. Subito dice: “Profe, allegra oggi. Icché c’ha?”.
Lei nota tute espresioni di volti. Molto brava psicologa, piccola Hillary».
«Potrebbe fare l’avvocato, la signorina, se solo s’interessasse a cos’è il diritto» — si è accesa la Magistrali — «Sembra distratta dalle sue “ciance”, invece interviene a tradimento.
L’altra settimana ho rivolto una domanda dal posto alla Gheri. Con mia grande meraviglia ha risposto esattamente.
“Bene” — mi sono permessa — “inizi ad entrare nella disciplina. Se la prossima volta, te la caverai con altrettanta sicurezza, ti metterò un bel più”.
Non avevo ancora finito, che avvisto lei, in piedi, con il dito puntato, pronta per l’“arringa”: “Eh no, profe. La Gheri è stata davvero brava: merita subito il più. Che c’è da aspettare?! Le dia fiducia”.
Naturalmente i compagni l’hanno sostenuta con “è vero, è vero”, sparsi qua e là ed ho dovuto cedere. Non potevo mica inimicarmi la classe, per le sue manie di avvocato difensore!».
Così ogni volta, Ilaria prende una bella fetta di tempo… e se la merita.
Chiaramente non racconterò il “ricatto” cui mi ha sottoposto, giocando spudoratamente sul mio debole per il panino al salame.
Eseguivamo un’esercitazione di latino. Si avvicinava l’ora di scendere al bar per la merenda.
«Dato che di sicuro vai per te» — la interruppi — «puoi comprarmi il solito?».
«Sì, profe, subito, ma potrebbe un attimo aiutarmi a tradurre questa parola, per favore?».
«Ilaria, te ne ho già suggerite altre».
«Va bene, profe».
Ed eccola tornare ansimante con le bustine oleose e profumate.
«Mi scusi, se la stresso sull’argomento. Non capisco proprio da dove sia uscito quel termine. Mi dia una mano!» — insisteva con il collo torto di una bambina che implora il gelato — «Non è qui per insegnare?».
«Effettivamente!», ho balbettato preso alla sprovvista, ma ho taciuto.
Allora è accaduto l’inverosimile. Mi ha piazzato quegli occhietti sul viso e sventolando il mio panino, ha osato mormorare molto tranquillamente: «Se non mi dice la traduzione, niente sandwich».
«Come, mi ricatti?», ho azzardato in sordina.
Gli allievi osservavano i vari mimi, senza per grazia capire.
«Cerco di convincerla. Non faccio niente di male. In fondo è un’esercitazione, mica il compito in classe».
«Mi prendi per la gola, eh?».
Ed a quel punto ognuno dei due ha ottenuto ciò che desiderava.
Figuriamoci a ricreazione! Spesso entra dal corridoio con in mano la merenda a mo’ di microfono, cantando, come si trovasse sul palcoscenico: insomma la colonna sonora della nostra classe è offerta gratuitamente da lei, come sostiene allegramente la collega di musica.
Quando è assente per alcuni giorni, un’uggia! Manca l’anima.
Un giorno mi venne spontaneo commentare: «Chissà che combinava alle medie?!».
«Glielo dico io, profe» — intervenne prontamente Martina — «Sono stata con lei tutti e tre gli anni».
«Ah… raccontaci, raccontaci!».
«Interrogata sul corpo umano, all’inizio della seconda, andava proprio bene. Il profe, però, conoscendo la sua indole, la mise in difficoltà, con fare ingenuo: “Rispondimi anche all’ultima domanda e il voto salirà. Come si chiamano gli organi formati da due palle e un tubicino?”.
Lei, un po’ a disagio, non emise sillaba.
“Forza, questo lo sai. Guarda le mani dei tuoi compagni: sono tutte alzate”.
“Sì, sì, lo sai!”, incitò qualcuno.
Lei provava ad aprire bocca, deglutiva e… silenzio.
“Che ti sbrighi, bellina, o ’sto voto te lo vuoi giocare?”.
“I testicoli”, buttò fuori sibilando.
“Cosa hai detto? Io comincio ad invecchiare: sono un po’ sordo. Ti dispiace ripetere a voce alta?”.
Non si fece pregare: “I testicoli!”, urlò con grande convinzione.
“Ma che dici? Io mi riferivo ai reni!”.
Tutti si rise a crepapelle. Lei pianse. È stata l’unica volta in cui l’abbiamo vista perdente.
Sempre con lo stesso insegnante. Spiegava il sistema endocrino, sottolineando che alcuni ormoni femminili appartengono anche all’uomo, mentre la donna ne possiede di maschili. Nel silenzio che certi argomenti richiamano, ecco la sua vocetta decisa: “Eh no! Io sono femmina al 100%!”».
Martina poi raccomandò: «Non ditele niente, però, quando torna, altrimenti si sente tradita».
La rassicurammo della massima omertà e si riprese a lavorare sereni, ma non proprio allegri come quando è presente “la compagna ideale”.
Lucia Visconti
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