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Una recensione 
a cura di Renata Ballerio
 
 
 
 
 
Marco Zavarini, 
L’analisi di infinite conseguenze
Fara Editore, Santarcangelo 
di Romagna, 2007
 
 
Devo incominciare con una confessione. Al termine della prima lettura, sono uscita infastidita dal librettino, opera d’esordio del trentacinquenne Marco Zavarini: sintagmi che sentivo lontani, appartenenti ad una poesia “costruita”. Infastidita ma anche attratta dalla necessità di scoprire la provocazione del titolo: L’analisi di infinite conseguenze. Perché ingabbiare nell’analisi quello che viene offerto come non finito (“[...] infinite [...]”)? Perché rammentarci che dobbiamo accettare che nella nostra esistenza non c’è una relazione causale, ma appunto “[...] infinite conseguenze”? Forse è necessario qui ricordare che l’autore si è laureato in ingegneria informatica ed è stato songwriter, nonché cantante in gruppi rock. 
Con pazienza ho letto, riletto e mi sono appropriata delle poesie-lampo di Zavarini, accettando la sfida di osservare “senza emozione/ la dissoluzione del paravento/ il fallimento/ della retorica/ le lacrime/ nella stanza”. Mi sono raggomitolata dentro le schegge di un pensiero poetante, ossimoricamente impastato di apparenti contraddizioni: lacrime ma senza emozioni, concretezza di oggetti (“[...] paravento”), senza certezze formali (“[...] retorica”). 
Ho, comunque, sentito la costruzione linguistica — a volte un po’ troppo labor mentale, a volte ingenuo parto retorico con esasperate iperboli metaforiche (“Diga [...] Sul pianto/ non arginabile”) — come una cogente volontà di non smarrirsi nelle infinite conseguenze, di “guarire che è dare un volto e un nome ad un’ombra”. 
Di questo abbiamo bisogno visto che — come afferma Marco Zavarini — “ci muoviamo in un fluido/ confondendolo col vuoto” oppure “processiamo segmenti/ disponendo scatole cartesiane/ in attesa traiettoria/ schiva di presunti imprevisti”. 
Si esce, dunque, dalla lettura dei versi e dei silenzi di questo libello misteriosamente attratti — nonostante tutto — da un pensiero e, come si legge sul risvolto di copertina, dalla “[...] leggerezza pungente degli aforismi [...]” — ora frammenti di vita ora immagini strappate dalla realtà, che con inquietudine ci lascia in una zona d’ombra. E insieme con l’io lirico possiamo con semplicità affermare: “Ho così a lungo tentato/ di accendere questo cerino/ che alla fine/ ne ho odiato la fiamma”. 
 
Renata Ballerio 
Preside del Liceo classico e magistrale di Rho (Milano)
 
 
Le immagini sono (C) Carlo Peroni 2001 
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