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Una recensione 
a cura di Andrea Borla
 
 
 
 
 
 
 
Guido Passini (a cura di), 
Senza fiato. Poesie e testimonianze, Fara Editore, Santarcangelo 
di Romagna, 2008
 
 
Non c’è niente di poetico nel dolore fisico, che spinge l’uomo a ripiegarsi su se stesso e annulla ogni stimolo a godere delle bellezze della vita. E non c’è niente di poetico nemmeno in una malattia che colpisce l’apparato respiratorio e cardiovascolare, togliendo il fiato a chi ne è affetto, per poi espandersi agli altri organi ed erodere il malato (l’uomo) dal di dentro. 
Non c’è niente di poetico nella fibrosi cistica, una patologia sconosciuta ai più, dal nome poco evocativo e fonte di grandi fraintendimenti. Fa venire in mente una banale cisti, o un’infiammazione curabile con un semplice antibiotico, e non rende giustizia al dolore che angustia chi sa di essere costretto a convivere con questa invadente compagna fino alla fine dei propri giorni. 
Eppure, in un ribaltamento di fronti che sa di ribellione, è proprio la fibrosi cistica a diventare causa e protagonista del volume Senza fiato. Poesie e testimonianze curato da Guido Passini e pubblicato da Fara Editore. I versi e i testi di cui si compone, nati dal blog www.lamenteeilcuore.splinder.com, sono testimonianze di una convivenza che è anche battaglia quotidiana contro un nemico personificato che “aspetta paziente/ che io smetta di lottare”. Ed è un nemico che ha un’identità tratteggiata sulla superficie di uno specchio: “tu sei chiuso dentro/ e non mi guardi”, “perché i tuoi occhi sono i miei/ miei i geni, mio il peccato”. 
Il lettore non può che essere sorpreso dall’esperienza del dolore voltata in positivo (“Il mio ospite mi corrode/ ma io lo amo/ perché è anch’esso parte di me [...]/ […] perché mi fa capire il dolore del mondo [...]”; “e costringo la mia mente/ a pensare cose belle/ per non morire dentro”), dalla lotta per strappare un respiro alla malattia (“fiato senza fiato” ma anche “ogni giorno ingaggiamo/ la stessa lotta: io che/ reclamo la mia ora d’aria”) e per fronteggiare la sterilità, intesa non soltanto come furto della possibilità di essere genitore (“soffro per un figlio che non verrà”) ma come sinonimo di una vita inutile e senza scopo, aggravata dal peso della malattia che fa domandare: “[...] perché proprio a me?”. 
Nel volume si respira un forte senso di speranza, proprio di chi si trova ad andare avanti nonostante tutto e tutti, sorridendo “a chi diagnosticò la tua morte tanti anni fa”. E così la malattia non è soltanto bersaglio di maledizioni ma, paradossalmente, compagna di un difficile cammino di vita perché “più ti incontro/ più conosco il limite/ della mia forza” e perché “finché vive lei/ anch’io vivo” e “domani sarò ancora qui a sorprendermi”. 
La poesia diviene supporto e mezzo di espressione di questa speranza da coltivare. “Senz’altro la poesia non farà finire le guerre, non farà passare le carestie, la fame nel mondo, non farà i miracoli”, scrive Guido Passini. E non curerà una malattia come la fibrosi cistica. Eppure la lotta può trovare proprio nella poesia una via di espressione e di rafforzamento perché “la poesia […] non uccide nessuno, non affama nessuno e non attacca malattie a nessuno, quindi, perché non crederci?”. 
 
Andrea Borla
 
 
Le immagini sono (C) Carlo Peroni 2001 
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