Fra avanguardia e barocco
-Due recensioni-
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Marisa Napoli (a cura di), Vieste avamposto d’avanguardia. Edoardo Sanguineti e Gaetano delli Santi: due generazioni d’avanguardia a confronto, Fabio D’Ambrosio Editore, Milano, 2006
In un primo momento dedicandosi alla storia delle avanguardie che hanno segnato il Novecento e riassumendola dunque densamente — attraverso un rapido excursus che, partendo dalle fregole belliche del futurismo italiano per arrivare a descrivere l’anima (recente e anticonformista) della cosiddetta “Terza ondata”, si muove ironico e sicuro lungo l’intero arco del secolo appena terminato — questo volume a cura della professoressa Marisa Napoli (esperta di linguaggi e retorica) si focalizza poi decisamente sull’opera di Edoardo Sanguineti e Gaetano delli Santi (“autentici purosangue dell’avanguardia letteraria contemporanea”, come li definisce Paola Scotti nel saggio che introduce ampiamente il libro) analizzando a tutto campo il loro stile e la loro poetica, nel tentativo generoso di capire a fondo (e con l’aiuto specifico non solo d’interviste mirate coi due personaggi in questione, ma anche di studi critici, partoriti dalla penna elegante e acuta di Filippo Bettini, Marcello Carlino, Mario Lunetta, Francesco Muzzioli, Giorgio Patrizi e della professoressa Napoli medesima) le valenze intellettuali e il significato strategico dell’avanguardia, cioè l’unica depositaria e custode (grazie alla carica eversiva di cui è portatrice) del grande, sfarzoso segreto morale (e così foriero d’arte nuova nonché salvifica) che, se a dovere svelato e carpito, di certo permetterebbe alla nostra società di risorgere prontamente e di guarire a pieno sia dal servile abbrutimento in cui langue sia, perciò, da quella prona ubbidienza al sistema vigente e alle strutture di potere, a precipitarla nella quale hanno contribuito (e in maniera determinante) tanto l’andazzo deprecabile quanto la deriva forse inarrestabile di una civiltà (l’odierna, purtroppo) ormai stravolta dall’invadenza ossessiva dei codici massmediatici, sorta di virus letali e tossici (per giunta onnipresenti) che — con l’efferata complicità della televisione — hanno corrotto e mercificato la parola, il linguaggio, addirittura il modo stesso di esprimersi e comunicare, intaccando, con essi, il nucleo più necessario e sacro dell’esistenza umana.
Pietro Pancamo
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Gaetano delli Santi, La forza generativa del barocco. L’eredità estetico-linguistica lasciata dal barocco alle avanguardie, Fabio D’Ambrosio Editore, Milano, 2006
Introdotto da un’esaustiva prefazione della professoressa Marisa Napoli e sorretto da una sorprendente struttura dialogica che, dipanandosi agile sulla falsariga del battibecco filosofico e dotto tra due personaggi emblematici — l’uno (Barsabucco) incarnazione vuoi patente vuoi potente dell’intelletto libero e “pirotecnico”, che in ogni occasione sa riconoscere e apprezzare il nuovo, per esaltarlo diffondendone i valori, l’altro (Sanbollito) figurazione desolante dell’inane, supino ossequio ai canoni spenti del conformismo bruto — consente all’ormai proverbiale effervescenza linguistica dell’“immaginifico” Gaetano delli Santi di scatenarsi inarrestabile in un brillante profluvio di giochi sintattici e astuzie fonico-retoriche, il libro qui recensito è senza dubbio un’opera che (puntualmente corroborata dal prezioso apporto di un’impostazione grafica affascinante e di microsaggi esplicativi che presentano il barocco nella caleidoscopica interezza delle sue mille identità, dalla pittura alla satira) si distingue magistralmente sia per l’incisività espositiva, sia per la grande, inoppugnabile originalità espressiva, prodigandosi, fra virtuosismi stilistici e ricchezza di contenuti, in una trattazione complessa ma calzante e incalzante il cui obiettivo principe — come l’editore Fabio D’Ambrosio tiene a sottolineare con chiarezza e attenzione nelle Indicazioni per la lettura che aprono il volume — è confrontare il barocco “con l’avanguardia, essendo stata l’avanguardia (come il barocco) un movimento di rottura spinto energicamente contro ogni sistema linguistico-sociale ristagnante tra estetismi vecchi e passivamente legati a un mondo che più non è. L’avanguardia [in special modo quella futurista, dadaista e surrealista, nota del recensore] è il linguaggio artistico che più si è servito dei linguaggi retorici approfonditi dal barocco”. Il quale, come una spugna portentosa, seppe impregnarsi ben bene di “polpe fortificate da polpe” e di “carne eccessivamente carne”, assorbendo a meraviglia l’indole cangiante del mondo, così da mostrarla alle menti obnubilate e ottuse, perché si risvegliassero alla vita autentica.
Pietro Pancamo
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Le immagini sono (C) Carlo Peroni 2001
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