Una recensione
a cura di Carlo Santulli
|
Fernando Sorrentino, Per colpa del dottor Moreau ed altri racconti fantastici, Edizioni Simple-«Progetto Babele», Macerata-Modena, 2006
L’interesse particolare del volume Per colpa del dottor Moreau non è soltanto nella scelta dei quattordici racconti antologizzati (che spaziano in un ambito circa trentennale), ma anche nella qualità ed accuratezza delle traduzioni italiane, tutte revisionate ed approvate dall’autore, ovvero il professor Fernando Sorrentino il quale, nato a Buenos Aires l’8 novembre del 1942, si considera più un lettore che uno scrittore: il che può essere consolante in un mondo di sedicenti scrittori che non leggono un libro neanche a pagarli. E del lettore colto e profondo mantiene quel distacco un po’ signorile, anche al tratto umano, che ce lo ha fatto conoscere ed apprezzare. Con eleganza e direi quasi con dolcezza, cerca una qualità di scrittura ineccepibile, non per pignoleria, ma per autentico amore della letteratura. Ed in effetti la cura profonda e totale della singola parola ci compensa della coerente esiguità della sua produzione letteraria. Coerente innanzitutto per quanto riguarda le tematiche, umoristiche con tendenza a quel grottesco di matrice sudamericana, che consente una spiegazione, anche se contorta e paradossale, di tante stranezze della nostra vita in quello che con Leibniz, un Leibniz sarcastico, ma non meno filosofico, Sorrentino definisce Il migliore dei mondi possibili, come dal titolo di una sua raccolta di racconti del 1976.
Il grottesco può portare in Sorrentino alla paura, forse al terrore, ma non necessariamente all’angoscia. Affascinate, sulla scia di Borges, dalle capricciose trasmutazioni che la biologia impartisce alle forme di vita, le novelle di Per colpa del dottor Moreau, anche dove la forza della natura si volge contro di noi, come in Abitudini del carciofo, o potrebbe farlo, come in Metodi di regressione biologica, si rivelano pervase da un’attitudine calma e filosofica. E ciò perché si può resistere certo alla natura, ma non pretendere di averla vinta sempre e comunque: l’imponderabile è in agguato!
La capricciosità della natura può presto, tuttavia, diventare prevedibile, come una trasgressione troppo iterata, e l’elefante che cresce su un dito umano può, anzi deve, capovolgersi in un corpo umano che è spuntato sulla cima di un elefante. È questione di proporzioni, ma anche, e forse più, di logica, una logica fantastica, ma incisiva ed ancora una volta coerente. Sorrentino ci immerge in un infinito gioco di variazioni sulla crescita e sull’evoluzione della natura, che non è matrigna, ma indifferente, e per questo ironica, ma senza cattiveria, anzi con umanità, quasi con bonarietà. In quest’ambito, il gioco narrativo riesce intenso e sfumato, mai perdendo un certo aplomb che non vuole sconfinare nell’umorismo, perché lo sentirebbe indiscreto, forse impudico, ma gli arriva ad un passo, ritraendosene con un nuovo volo. Questo ci fa capire che la letteratura non può far molto di più che scegliere le parole, per esprimere il fenomeno naturale (o innaturale). Un compito in realtà altissimo, perché ci dà il senso e l’assenza di regole, sotto apparenza di controllo accurato, che è in certo modo la norma di vita della biologia evolutiva: ed è dove l’abilità dello scrittore dà miglior prova di sé. La scrittura di Sorrentino pare alimentarsi di una “ricerca dell’inevitabile”, come se non ce l’avessimo sotto gli occhi, un invito velato, ma intimamente pressante, a dotarci di una vista diversa, o forse di tutto un caleidoscopio di frequenze luminose. Ed il resto della letteratura, se c’è, non è che l’assurdo: le troppe regole che portano alla perdita di controllo, raffrenata solo da un umorismo amaro, ma spesso totalizzante e dissacratorio.
Carlo Santulli
|
Le immagini sono (C) Carlo Peroni 2001
È vietato l’uso commerciale e la rimozione delle informazioni di Copyright
![]() |