La filigrana della vita
La forza che sospinge in alto il fiore
anche tu la vedrai improvvisamente
un giorno. Io l’ho vista tra i capelli
di una bimba: vigorosi gareggiavano
nel farsi avanti. La Natura, indifferente
ad ogni discorso dell’uomo, ancora
e ancora si propone. La vita
indifferente ad ogni impressione
di decadimento si rilancia
da eoni, non molla, trovando
chissà dove, chissà in quale profondo
serbatoio il nutrimento. Non solo:
ogni volta ha la forza di mandare
nel mondo con un nuovo bagaglio
di rinnovata freschezza e fantasia,
ha la sfacciataggine di mandare
come se non avesse mai mandato,
non avesse mai conosciuto il tormento
del mondo e il discorso dell’uomo.
Io l’ho vista nei capelli di una bimba,
nella scia delle anatre sull’acqua,
nella macchia di margherite ridipinta
sul prato annegato dall’alluvione.
Anche tu la vedrai e vorrai dirlo:
la filigrana che attraversa la vita
oltre l’apparenza, una presenza
che sempre ci parla e ci richiama.
Ma tuo padre deve dirti anche le note
più remote della nostra tessitura:
è con esse che si svela il mistero
del profondo serbatoio che ci nutre,
del profondo serbatoio che ci attende,
da cui nasce incessante la proposta.
Quello è il luogo del ritorno della luce,
del bagaglio di freschezza e fantasia
dissipato e perciò restituito
con un gesto che non vuol più trattenere.
E non è un restituire misero
e doloroso, che solo mantiene
pari i livelli. È un tornare
che nutre nuovi steli della vita,
che crea nuove brillanti filigrane,
se al dono si risponde con onore,
se alla luce si risponde con la luce.
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Tu ami più loro
Tu ami più loro:
lo dicon le tacite offerte
di occhi e di mani custodi
di luce.
Perdenti perduti:
lo dice di un mondo lo sguardo
volgare, metallo sonante
di gelo.
Ma noi dove siamo?
Di luce o di gelo indecisi,
non aridi ancora ma vivi
in ascolto.
Tu salvali allora,
e salvaci, rompi il silenzio
che invade le grida e le risa
dell’uomo,
per l’uomo.
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Un mistero nel tempo
Un mistero nel tempo, tra due,
ci sorprende
nell’estate sospesa sul lago.
Tra le braccia, di nuovo straniero,
ci impedisce
di votare lo sguardo al silenzio.
Silenzioso
rinnovelli nel nostro cammino
una luce che brilla tra fronde.
Innocente
ci proponi nel vento che imbriglia
un istante
di fresco respiro.
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Antonello Vanni, classe 1967, si è laureato in lettere moderne con una tesi sull’identità giovanile a indirizzo psicopedagogico e si è perfezionato in bioetica presso l’Università cattolica di Milano.
Insegnante di lettere, si occupa di tematiche giovanili riguardanti l’educazione all’affettività e alla responsabilità: nel 2004 ha infatti pubblicato per la Francesco Nastro Editore di Luino (Varese) il libro, recensito ad esempio da «Avvenire» e «Zenit» — nonché nominato da «Il Foglio» —, Il padre e la vita nascente. Una proposta alla coscienza cristiana in favore della vita e della famiglia (cfr. www.antonello-vanni.it) che raccoglie i testi delle lezioni che ha tenuto come docente presso l’Ateneo pontificio “Regina apostolorum” di Roma nei corsi e nei master di bioetica.
Collabora poi con il professor Claudio Risé, per il cui saggio Cannabis. Come perdere la testa e a volte la vita — uscito a maggio del 2007 per le Edizioni San Paolo di Cinisello Balsamo (Milano) — ha guidato e gestito l’opera preliminare di ricerca e documentazione.
Attualmente sta preparando una pubblicazione sulla figura paterna nella letteratura italiana da Dante a Manzoni, fino al romanzo e alla lirica del Novecento.
Studia le relazioni tra letteratura ed esistenza umana con l’obiettivo di esplicitare l’aspetto conoscitivo, orientativo e costitutivo della letteratura stessa. In tal senso ha svolto un’intensa attività che lo ha portato a partecipare come relatore a numerosi convegni.
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Le immagini sono (C) Carlo Peroni 2001
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