Una recensione
a cura di Pietro Pancamo
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Critico letterario dalle prestigiose collaborazioni («Paese Sera», «il Giornale» di Indro Montanelli, «Paragone», «L’Indice dei libri del mese»), il poeta Leandro Piantini — che nell’arco di una carriera sicuramente brillante ha con merito riscosso, senza esclusione di lodi, il plauso d’autori eminenti (vedi l’“epocale” Giovanni Raboni) — ha di recente pubblicato Cinquanta sonetti, una silloge affascinante i cui componimenti (tra echi a volte foscoliani, che si condensano in squarci inconfondibili come ad esempio “l’anima che rugge”) dichiarano apertamente in sfregio a qualunque esitazione (e producendosi eleganti in ghirigori d’innegabile bravura metrica) che no, «alzati e zoppica!» non è assolutamente il miracolo migliore che Dio possa offrirci o garantire. Anzi — per ottenere che il destino ci regali con impeto immediato giorni pieni e incoraggianti, se non ardenti addirittura — è sufficiente trattare l’esistenza con mano spensierata e sorriso consapevole, abbandonandosi “[...] al cielo che ci ha in cura” e che trasforma la tristezza in allegria. Allora sentiamo, di slancio, che il trascorrere del tempo si converte all’istante in un declivio di bellezze, che ci porta a (sci)volare tra i profumi di Piombino o dell’“estate rigogliosa”.
Ecco: di colpo l’incertezza — illuminata da una dolcezza energica e dinamica: la maturità o saggezza (che capiti ormai gli sbagli, si spinge subito all’azione) — si tramuta in curiosità di scoprire, con “estro di vita” dimentico dell’età, nuove e “misteriose strade”: vale a dire quelle che in gioventù, affannati dagli errori, non ci era proprio riuscito di scorgere o distinguere davvero. Perché? Per un motivo assai palese: storditi in continuazione dal “[...] brutto// spettacolo del mondo [...]”, conoscevamo sì il coraggio ma non la speranza (insistendo ad arrovellarci inutili, di conseguenza, intorno ad uno stoicismo caparbio e lacerante, fonte cancerosa di fatica vana. O d’impegno sterile, magari: fine a se stesso... e nulla più).
Pietro Pancamo
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Le immagini sono (C) Carlo Peroni 2001
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