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Una recensione 
a cura di Lucia Visconti
Carla Bariffi, Aria di lago, LietoColle, Faloppio, 2006 
 
 
Aria di lago di Carla Bariffi è la raccolta poetica di un’autrice radicata al lago di Como. 
Non sorprende quindi il titolo così simbiotico con il suo vissuto, anzi è invito a scoprire le vibrazioni del paesaggio, anche a chi vive in un ambiente geografico diverso. 
La prefazione di Gianmario Lucini è la preziosa cornice del quadro intessuto di colori sintonici, di cui gli acquerelli inseriti sono lo specchio. 
Introduce le tre sezioni del testo — Aria di lago, La voce del sangue, Nel sangue, l’amore — un distico di Emily Dickinson (“… e tu coglimi, anemone,/ tuo fiore per l’eterno”), in cui è palese il forte desiderio di appartenenza, per sempre. 
 
Ed è proprio la passione che pervade tutto il libro: la Bariffi è la donna dell’appartenenza agli affetti, al suo lago, alle sue montagne, anche oltre la morte. 
Si cela nell’espressione “per l’eterno”, così condivisa da essere incipit al testo, lo schiudersi all’aldilà, alla certezza che né il bene, né il male riusciranno a separarla dall’aria
“Aria come canto”, scrive Gianmario Lucini; sicuro, e aria come atmosfera — aggiungerei —, esperita su sponde ricche di immaginario. 
“Quel ramo del lago di Como […]”: in chi, del resto, questo poetico aprirsi non ha creato pathos, brama di vedere, chissà… un tabernacolo, sagome, emozioni, “[...] monti sorgenti dall’acque, ed elevati al cielo; cime inuguali […]”? Insomma, proprio lo spazio in cui si gioca la presa psicologica di intere generazioni: e, a mio parere, giustappunto l’esporsi su un terreno tanto delicato, è stato l’azzardo, la scommessa di Carla Bariffi; e al contempo la vittoria, perché il lettore resta affascinato da ciò che Lucini definisce a ragione la “complessa semplicità” della poetessa, una poetessa nella quale è possibile riscontrare difatti “non [...] descrizioni complicate, allusioni a pensieri filosofici particolari […] ma soltanto la capacità di interrogare, interrogarsi e stupirsi”. 
 
Mi piace a titolo esemplificativo soffermarmi su alcune liriche. 
 
L’ora più bella ~ Dall’imbrunire sorge/ a spargere fremiti/ su labbra mai sazie.// È l’ora in cui ti scrivo —”. 
Un attimo colto nel quotidiano: l’imbrunire, segmento di vita verso il silenzio, dove i pensieri più intimi ritrovano finalmente il loro spazio, e il contatto con l’altro è strettissimo, appagante. In poche frasi, straripa l’essenza della vita. 
 
A volte sento ~ la morsa forte nel petto/ fluida e corposa/ vibrare ogni nota/ distorcere/ salde ragioni./ — Allora capisco/ di non sapere niente —”. 
Semplici sensazioni sulla complessità dell’esistenza convincono, distorcendo “salde ragioni [...]”, che c’è bisogno d’imparare ancora. 
 
Sul tuo ventre ~ sciolgo i miei colori/ aperti e riversati// Folti fili mogano/ fluttuanti in girandole giocose/ di pioggia e sole/ a rivestirti”. 
Esplode l’eros, colmo di quel desiderio di appartenenza già intravisto nelle parole della Dickinson. “Sciolgo i miei colori/ aperti e riversati”: niente di sé resta all’amante, se non l’estasi del corpo amato. 
 
Lucia Visconti
 
 
Le immagini sono (C) Carlo Peroni 2001 
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