Una recensione
a cura di Simonetta De Bartolo
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Solitudini dell’essere, memorie, avvertimenti interiori, pudicamente accennati, silenzi trasfigurati in veloci immagini fortemente evocative, in suoni, in colori. La poesia di Monica Osnato si apprezza già in copertina, ammirando il dipinto dell’autrice, in cui le tinte forti e decise sembrano assicurare l’immutabilità del paesaggio e i ricordi in essa gelosamente custoditi; aderente al dettato interno, illuminata da originali analogie e da essenziali sinestesie, evita la retorica e il peso della strutturazione razionale ed è sostenuta da una tensione lirica sostanziata di desiderio d’infinito e d’infinita bellezza, di vagare in solitudine oltre ogni orizzonte; desiderio che, scontrandosi con la realtà dell’umano destino di viandante di un breve viaggio in cui via via tutto ciò che è bello si tramuta in “vento” ed “eco”, genera l’elegia della lontananza, del trascorrere inesorabile del tempo, della dolcezza del ricordo di “allegrie estive”, del permanere di dolci desideri, anche se “saputi vani”, dell’accettazione decisa e consapevole, anche se dai toni studiatamente drammatici nelle ultime liriche, dell’approdo alla sera, in cui l’animo ancora giovane non s’arrende al letargo, ma si volge verso “infiniti futuri”, pronto ancora all’amore.
Simonetta De Bartolo
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Le immagini sono (C) Carlo Peroni 2001
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