Una recensione
a cura di Simonetta De Bartolo
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Non una giustapposizione di emozioni, sensazioni, stati d’animo, squarci paesaggistici, come un lettore poco attento potrebbe pensare, ma l’urgenza di conservare la continuità storica dell’anima connota la poesia di Adriano D’Aloia, la cui intonazione a volte cupa, quasi di stampo tassesco, insistente sui temi del “vuoto”, della notte, del dolore, del buio ecc., se, da una parte, è caratterizzata, in alcuni casi, da una deficienza della trasfigurazione poetica, dall’altra è espressione dell’interiore battito originario, non manca di approdi ad un ritmo poetico disteso e riesce a trovare la “breccia” verso luoghi specchiantisi nell’oceano, verso azzurrità riposanti. Un sofferto desiderio d’amore, d’“amoressia”, un tenace ancoraggio al ricordo, che tutto avvolge in un’aura di vago e d’indistinto, puntellano il dettato poetico e lo sostanziano di ulteriori profonde significazioni. La ricerca tormentosa del linguaggio, della parola e della sua collocazione ritmica ha esiti positivi che fanno bene sperare.
Simonetta De Bartolo
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Le immagini sono (C) Carlo Peroni 2001
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