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Il sopravvissuto, Il coraggio del pettirosso e Il colore del cielo 
 
 
Una recensione 
a cura di Lorella De Bon
 
 
 
 
 
Anna Maria Fabiano, 
Avevo i capelli biondi
Iride Edizioni, Soveria Mannelli, 2008
 
 
“Ci sono parole che restano e non appartengono solo a chi le ha concepite, ma conoscono la strada per arrivare a chi sa farle proprie”. 
Il nuovo romanzo di Anna Maria Fabiano non è stato per me una sorpresa. Già conoscevo la sua tecnica di scrittura e la profonda sensibilità nell’osservare e descrivere l’animo umano. Sapevo, insomma, di avere tra le mani un ottimo “prodotto editoriale”. Quale, allora, il valore aggiunto di Avevo i capelli biondi
Dal punto di vista formale, appare felice la scelta di diversi piani narrativi. È come se i protagonisti del libro si alternassero sul palco di un teatro immaginario, entrando e uscendo di scena con un ritmo serrato, ma raccontando e raccontandosi con lentezza e spessore. La narrazione avviene, quindi, in prima persona singolare, anche se l’impressione che ne deriva è quella di essere tutti, lettore e protagonisti, raccolti intorno al fuoco ad ascoltare una storia di vita e di morte: una storia di famiglia, raccontata in modo semplice, perché tutti possano comprendere e sentirsi a casa. 
“La vita è così, e io mi chiamavo Carola ed ero fatta a forma di musica e la musica spesso va a tutto tondo, senza pause, senza circuiti stabiliti”. 
Carola ama la pittura e la musica, ama la vita. Per questo le si dà anima e corpo, senza riflettere sulle conseguenze dei propri gesti. Carola ha una sete infinita che niente e nessuno è in grado di spegnere e si getta in pasto al mondo. E il mondo la divora. Tutt’attorno si dispiega una rete di protezione formata dalle persone a lei più care: la sorella, la zia, il compagno. Perché Carola è talmente vitale da essere fragile. Perché la voglia sfrenata di felicità conduce inevitabilmente all’infelicità. Quattro vite, dunque, che si sfiorano magari solo appena, che si intrecciano via via per poi compenetrarsi, che alla fine restano o scappano di fronte all’inevitabile (in fondo, ognuno reagisce a modo suo alla morte di una persona cara e restare è come morire). 
E la fine arriva, annunciata con largo anticipo dal titolo del romanzo. “Avevo i capelli biondi” è una frase che non perdona, che non lascia nulla all’immaginazione: è un’esistenza al passato, un colore sbiadito, un abito diventato troppo stretto. Anna è chiara fin dall’inizio, ma non si esime dall’accompagnare per mano il lettore, (come fa lo spirito del Natale con il vecchio Scrooge), con lievità e pudore, per non disturbare i protagonisti della storia e non turbare la sensibilità di chi legge. 
Sorprende il fatto che Anna, nel breve spazio di centocinquanta pagine, sia riuscita a scavare a fondo nella vita e nell’anima di Carola, protagonista, suo malgrado, di un lungo calvario segnato da una malattia che non perdona. L’aids si fa strada in silenzio nel libro e nell’esistenza di Carola, se ne sta in disparte, non viene citato apertamente. È una presenza costante e discreta, un fondale poco chiassoso sul quale scorrono immagini quotidiane che tutti conosciamo: lo studio, il lavoro, i rapporti d’amicizia e d’amore, le incomprensioni e le affinità personali. Solo nel finale il racconto assume le tinte forti della tragedia. 
Non esiste un colpevole, questo emerge dal libro. Esiste un destino, semplicemente. Ma Anna, lungi dal pronunciare sentenze inappellabili, lascia trapelare ugualmente il proprio giudizio. Che il lettore può condividere o meno. L’importante è avere conosciuto Carola e la sua storia. 
“Hai solo confuso un po’ l’amore con il sesso, hai avuto qualche leggerezza, è vero, ma non da meritare un prezzo così pesante. In che modo dovrebbero pagare quelli che davvero fanno del male, quelli che davvero causano dolore e distruzione?”. 
 
Lorella De Bon
 
 
Le immagini sono (C) Carlo Peroni 2001 
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