Altre recensioni di Lorella De Bon: Lo stagno delle gambusie, 1915-1918: un uomo, una donna, Quelli che restano, con pelle d’ardesia, Pozzoromolo, Fabrica, Lettere scomposte, La guaritrice di Ventotene, Operazione Alarico, Le mie scarpe [...]
Avevo i capelli biondi, Acqua Storta, Essemmesse, Il bacio della strega, Contrade madri di aprile, La Riviera del sangue, L’accordatore di destini, Manto di vita, La forma imperfetta, In cerca
Il sopravvissuto, Il coraggio del pettirosso e Il colore del cielo 
 
 
Una recensione 
a cura di Lorella De Bon
 
 
 
 
 
 
 
Anatole France, 
La rivolta degli angeli
Meridiano zero, Padova, 2009
 
 
“«Figli del Cielo! Compagni! Voi vi siete liberati della servitù celeste. Avete scosso il giogo di Colui che è chiamato Jahvè, al quale noi dobbiamo qui restituire il suo vero nome, Ialdabaoth, poiché Egli non è il Creatore dei mondi, ma solamente un Demiurgo ignorante e barbaro che, essendosi impadronito di un’infinita particella dell’universo, vi ha seminato il dolore e la morte. Figli del Cielo, io vi chiedo, volete combattere e distruggere Ialdabaoth?». Tutti come una sola voce risposero: «Lo vogliamo!»”. 
Mentre si profila all’orizzonte lo scoppio della prima guerra mondiale, Anatole France (vincitore del Premio “Nobel” per la letteratura nel 1921) dà vita alla sua ultima fatica narrativa, “un progetto vasto, ambizioso, capace non soltanto di arginare, almeno nel perimetro della carta, l’idiozia militare e nazionalista, ma di coinvolgere con la sua scrittura l’intero ordine universale delle cose”. Così viene definito il romanzo da Roberto Saviano, che ne ha brillantemente curato l’introduzione, ricca di informazioni preziose e osservazioni puntuali. 
Come sottolinea Saviano, l’autore afferma a gran voce che, nei momenti più difficili della storia umana, lo scrittore (il poeta) ha l’obbligo morale “di riformulare la vita, di svelare il midollo della natura e la realtà delle cose”. Dunque, un’opera salvifica quella del socialista Anatole France, una sorta di faro a rischiarare il buio nel quale l’uomo troppo spesso si trova ad agire. E ai tempi della stesura del romanzo gli uomini vivevano proprio al buio se preparavano una guerra che si sarebbe rivelata il più grande massacro ufficiale del Novecento. 
Per Anatole, autore anticlericale messo all’indice dal Vaticano nel 1920 (e come poteva essere altrimenti?), Dio e la sua legge sono una menzogna, mentre la verità risiede nel sapere, nella scienza, nel libero arbitrio. Ecco perché la grande biblioteca della famiglia d’Esparvieu, custode di una ricchezza immensa, si trasforma nella mente di France nello strumento decisivo per le sorti di un conflitto, compresa la ribellione a Dio. La biblioteca, situata nel palazzo di famiglia, vicino alla chiesa di Saint-Sulpice (nel quartiere di Saint-Germain), è stata fondata dal barone Alexandre Bussart d’Esparvieu, che qui visse dal 1825 al 1857. I trecentosessantamila preziosi volumi da lui raccolti aumentano grazie a una clausola testamentaria, che “aveva prescritto agli eredi di continuare ad accrescere la biblioteca acquistando qualsiasi pubblicazione di rilievo nel campo delle scienze naturali, morali, politiche, sociali, filosofiche e religiose”. E così fu, tanto che ancora oggi essa è “una delle più belle biblioteche private di tutta Europa”. 
Ma altri sono i luoghi del romanzo, tutti suggestivi e carichi di fascino e mistero. Come la chiesa di Saint-Sulpice, con la Cappella degli Angeli, decorata con tre dipinti di Delacroix, attorno alla quale ruotano dotte discussioni: perché l’eccentrico Delacroix avrebbe raffigurato solo angeli irati? Gli mancava forse la fede? 
Protagonista umano del romanzo è Maurice d’Esparvieu, uno dei pronipoti di Alexandre, di educazione cristiana, un tipo tiepido e pigro, che fa il suo dovere e nulla più, barcamenandosi tra un’amante e un’altra. E che un giorno, mentre si trova nel suo boudoir con l’amante Gilberte, incontra il proprio angelo custode, che gli si presenta in forma umana. Il suo nome è Arcade e fin da subito mette al corrente Maurice del suo grandioso progetto di libertà: “«Vi rivelerò un segreto da cui dipende il destino dell’universo. Dichiarandomi avversario di Colui che voi considerate come il Creatore di tutte le cose visibili e invisibili, io preparo la rivolta degli angeli»”. Un progetto di libertà, che necessita proseliti e finanziamenti; dopo svariate peripezie, Arcade riesce a trovarli proprio a Parigi. 
Julien Sariette, uno dei personaggi centrali del romanzo, detto anche “il vecchio adoratore di libri”, fa da raccordo tra i vari momenti del racconto. È stato il precettore di Maurice ed è il conservatore, morbosamente geloso, della biblioteca dei d’Esparvieu. Sarà proprio Sariette, e in particolare uno dei testi a lui più cari, un Lucrezio di marocchino rosso, ad aprire e a chiudere la scena. Sparito dalla biblioteca, il volumetto ritornerà nelle mani del bibliotecario, ma a caro prezzo: un omicidio. 
In sostanza, il libro parla di Dio, autoritario e avido, e della lotta tra il bene e il male, tra gli angeli fedeli a Dio a oltranza (e per questo ciechi) e gli angeli ribelli, seguaci invece del dubbio e della conoscenza. 
Gli angeli ribelli si avvicinano agli uomini, piovono su Parigi, per strappare dai loro occhi il velo che il cristianesimo vi ha posato da secoli, per renderli liberi e migliorarne l’esistenza. Tra demoni e uomini si stringe un’alleanza, avversata da Dio e dai suoi ministri, e saranno proprio i demoni a svelare agli esseri umani che è il potere “l’origine di ogni aberrazione della ragione e del sentimento”, e che l’Inferno e la Terra sono posti migliori del Regno del Padre. 
Dalla battaglia primigenia tra Lucifero e gli angeli del Padre, si passa al nuovo tentativo del 1914 capeggiato da Satana, forte della conoscenza, del sapere, del desiderio, del dubbio, ma anche consapevole dei propri limiti: da un lato il bene, imposto da un Dio oppressore e per questo falso, dall’altro il male, fonte di verità e di bellezza. 
Il sorprendente risultato di questa seconda rivolta degli angeli non va naturalmente svelato. Basti dire che il finale del libro è aperto alla speranza, alla possibilità di salvezza di tutti gli esseri umani. Ma soprattutto, è nelle ultime righe della sua fatica letteraria che Anatole svela chiaramente il suo impegno antimilitarista (“«[...] la guerra genera la guerra e la vittoria la sconfitta [...]»”), incitando ognuno di noi a sgominare “«[...] l’ignoranza e la paura»”, veri demoni feroci, pronti ad approfittare delle debolezze umane. 
 
Lorella De Bon
 
 
Le immagini sono (C) Carlo Peroni 2001 
È vietato l’uso commerciale e la rimozione delle informazioni di Copyright 
 
 
 
 
Torna alla homepage de «L(’)abile traccia»      Torna alla homepage delle recensioni